Da bimbo abitavo a Milano in una casa con un grande cortile. Ragazzini, invece di giocare alla “guerra” o con le automobiline, giocavamo a costruire palazzi, castelli, treni, aerei e quant’altro la fantasia ci suggerisse con i mattoncini bianchi e rossi della Lego, facevamo team building tra noi, ma non lo sapevamo… Circolavano, anche allora, mattoncini di contrabbando di altra marche, ma non erano belli, funzionanti e sempre perfetti come quelli della casa danese. Inoltre, all’epoca, non esistevano le confezioni con il gioco precostruito e multicolore come oggi (treni, aerei, case e altro pronti in scatola solo da assemblare), quindi tutto era affidato alla nostra fantasia e creatività.
Il mio amico Roberto, il più tecnico, costruiva case altissime, quadrate ma dotate di ascensore, scale antincendio e altre diavolerie tecnologiche; io case “rivoluzionarie” con forme non sempre ortodosse ma rispettando pedissequamente i colori (solo bianco o solo rosso, mai mischiati); altri ragazzini costruivano case semplici o elaborate a seconda delle loro capacità e della loro fantasia.
Oggi Roberto è un ingegnere affermato, io un artista poliedrico prestato alla formazione, gli altri…chissà.
Tutto questo per evidenziare che la costruzione, con i mattoncini, con il cartone, il legno, elettrica o meccanica, aiuti notevolmente il team a sviluppare la creatività e la scoperta del “non conosciuto”, a risolvere i problemi che di volta in volta si pongono, a rispettare tempi, forme e risultati.
Nei format da noi proposti ci adoperiamo affinché il team si organizzi, si confronti e, soprattutto, si esprima creativamente nella realizzazione del manufatto.
Nella costruzione ci sono tutte le componenti funzionali di una azienda. Il team deve progettare e realizzare un qualcosa che funzioni. Deve affrontare gli inconvenienti e le problematiche che la costruzione comporta. Si deve organizzare. Deve comunicare al suo interno efficacemente. Deve saper valutare le idee e le variazioni proposte da ogni partecipante. In alcuni casi, le squadre hanno un budget che possono o devono spendere per comperare i materiali occorrenti alla creazione dell’opera. Non trascurabile la parte di negoziazione: i team possono scambiarsi oggetti, utensili, materiali tra loro. In poche ore si riesce a ricreare efficacemente la dinamica presente in azienda.
I format sono molteplici.
Partiamo dalla costruzione di auto, carri armati, aerei, barche di cartone, ponti o torri con la pasta, architetture d’interni con i mattoncini, costruzioni sociali come piccole pale eoliche o razzi che utilizzano, per funzionare i pannelli solari. Anche la costruzione con frutta, stoffa, materiale di riciclo viene efficacemente proposta. Ultimo nato (della famiglia cibo e vini) è l’Happy Hour, miscelare un cocktail completamente nuovo, dargli un nome e inventare una sua storia creando un breve spot pubblicitario realizzato da tutto il team.
Tutti i format prevedono una dose di competitività tra le squadre (gare, regate, torri più alte ecc.) anche se nella costruzione del ponte mi piace far “collegare” tra loro tutti i manufatti costruiti da ogni team a simboleggiare un lavoro di tutti e di tutta l’azienda. Altro vantaggio del “building” è che non comporta un “mettersi in gioco” in prima persona come succede in altri format (teatro, cinema, spy story, rugby ecc.). Voglio dire che il team si esprime attraverso l’oggetto che va a realizzare. Quindi anche i più “timidi” hanno la possibilità di comunicare e mostrare le proprie capacità non dovendo, successivamente, sostenere “un esame” pubblico. Nel carton boat, per esempio, non tutta la squadra sale sull’imbarcazione per la regata finale. Ma tutto il gruppo deve partecipare attivamente nella progettazione e costruzione della barca. E’ come un team di formula uno. Dal pilota all’ultimo tecnico tutti sono funzionali alla gara. Nei format “building” tendo ad eliminare i ruoli aziendali. A portare tutti i partecipanti sullo stesso piano. Ad offrire, ad ognuno, la possibilità di esprimersi liberamente.
Cesare Gallarini